Io resto a casa e faccio pratica di presenza
È trascorso già un mese dal primo caso di contagio coronavirus in Italia e la mia quarantena dura da oltre venti giorni. Solo in questi ultimi giorni mi sono interrogata su cosa potrei fare in questo periodo di sospensione, su cosa potrei fare di utile. Ho messo a disposizione dei miei allievi dei video tutorial che avevo avuto modo di realizzare in passato e mi sono chiesta se poteva essere utile realizzarne altri. Non l’ho fatto, perché credo che questo periodo sia dedicato al silenzio. Io resto a casa e faccio pratica di presenza.
Avevamo bisogno di rallentare
Avevamo bisogno di rallentare, avevamo bisogno di una pausa per assaporare la vita, di silenzio per entrare in contatto con noi stessi. Come insegnante Feldenkrais queste sono parole che dico sempre durante le lezioni ed è così difficile metterlo in pratica: durante la lezione e nella vita. Adesso è arrivato il momento di sospendere per un tempo le attività che facevano parte della nostra quotidianità, compresi naturalmente gli incontri di attività fisica, sport e socialità in genere. Anche se sarebbe possibile incontrarsi online e continuare, mi sono chiesta: “Perché, perché farlo?”
Io resto a casa e faccio Feldenkrais è diventato comunque il mio mantra, perché la pratica mi sta aiutando in questo momento. Ognuno di noi ha una pratica, ognuno di noi può fare dei gesti della vita quotidiana una pratica.
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Io resto a casa e faccio pratica di presenza
La pratica in realtà è un’attività svolta in presenza, nella consapevolezza di quello e soprattutto di come si sta facendo. Così la vita di famiglia, l’accudimento, la preparazione dei pasti, possono diventare vere e proprie pratiche di presenza. La calma la lentezza il silenzio sono le condizioni ottimali per entrare nella dimensione dell’ascolto di sé e praticare la consapevolezza.
La tecnologia si è rivelata utile e importante in questo momento, perché non ci lascia soli e ci permette di incontrare l’altro anche solo per raccontare come si sta vivendo questa emergenza, per tirar fuori le emozioni e i pensieri di questo momento. In realtà da questa emergenza possiamo imparare che oltre a restare uniti occorre restare umani. Questo implica il desiderio di incontrare l’altro, il desiderio di confrontarsi e raccontarsi, il desiderio di pensare all’altro e non soltanto a se stessi, ai propri bisogni, alla propria solitudine. Io resto a casa e faccio Feldenkrais, valido per me, potrebbe essere “Io resto a casa e faccio pratica di presenza, di consapevolezza”. Mi ascolto, rifletto, mi accorgo. E nel nostro “saper restare” possiamo essere vicini all’altro, vicini a chi soffre.
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