Cosa vuol dire per te stare bene?
Per me stare bene vuol dire sentire una sorta di allegria nel corpo. Vuol dire vitalità, sentire con il corpo che sono in armonia con l’ambiente che mi circonda, con gli altri.
Le persone che vengono da me spesso mi dicono “non sono abbastanza” … e ci mettono di tutto dopo questo “non sono” oppure mi dicono “non mi piaccio” “non sono capace” “non valgo abbastanza”. Dietro queste parole c’è dolore, tristezza, un profondo senso di inadeguatezza. Il non piacersi spesso è associato alla tendenza a indirizzare lo sguardo su ciò che manca, su presunti difetti e non su quello che c’è e che è buono.
Dal momento che noi percepiamo il mondo attraverso il corpo, ogni distorsione delle percezioni interne diventa distorsione delle percezioni esterne.
“La persona a cui cerchi di assomigliare non esiste. Esisti tu e vai benissimo così come sei”.
Se ho fatto esperienza nella mia vita infantile di una mancanza di riconoscimento, perché non sono stata vista e accolta, per quello che ero, da quelle persone che in quel momento erano per me le figure più significative, è probabile che io non voglia riaprire questa vecchia ferita e riprovare il sentimento doloroso di non essere stata vista e allora mi difenderò soffocando le sensazioni emotive e corporee.
Questo mi porterà a stare nel mondo rendendomi inconsapevolmente invisibile, perché in prima istanza sono invisibile a me stessa, e nello stesso tempo sarò ambivalente: con il desiderio di essere vista ed accettata e con la paura dello sguardo altrui che percepirò come giudicante e severo.
Finché non vedrò quello che di buono c’è in me e non mi accetterò per quello che sono, non potrò essere vista e accolta profondamente dagli altri.
Nel Metodo Feldenkrais si parla spesso di immagine di sé, di percezione che abbiamo di noi stessi, cioè della nostra immagine corporea.
L’immagine corporea ha a che vedere con il modo in cui percepiamo e facciamo esperienza con il corpo. Lo facciamo sia con il pensiero, la rappresentazione mentale del nostro aspetto fisico, che con i sentimenti, le emozioni sulla nostra corporeità che derivano da tutto ciò che ci accade nella vita quotidiana e nelle relazioni, sin da piccolissimi.
Il bambino inizia a distinguere il proprio corpo dall’ambiente esterno attraverso le carezze della mamma. Il modo in cui i genitori entrano in contatto fisico con il bambino svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’immagine corporea e del senso d’identità. Le esperienze positive di affetto, approvazione e riconoscimento daranno origine a sensazioni positive. Se il corpo è fonte di sensazioni di piacere e gioia, il bambino si identificherà con il suo corpo e se invece è privato dell’amore e del sostegno, se il bambino sente che non va bene e non può essere accettato così com’è, se viene svalutato e umiliato, non rispettato nella sua individualità, allora tenderà a staccarsi dalle sensazioni corporee proprio per non sentire quello che in quel momento è molto spiacevole per lui.
Ecco che questo potrebbe dare inizio alla distorsione delle percezioni interne per poi essere la causa delle distorsioni esterne. Una percezione distorta che farà nascere pensieri negativi e disfunzionali: “non mi piaccio” “non valgo niente” “non sono degno di amore”. Le emozioni collegate saranno “senso di inadeguatezza, disagio, frustrazione, desiderio di sparire” e ciò porterà a comportamenti adattivi e difensivi come “isolarsi” oppure “controllare ossessivamente il corpo” al solo scopo di cercare difetti da correggere.
Proviamo adesso a pensare alla nostra esperienza quotidiana, a tutte le volte che abbiamo ricevuto complimenti e riconoscimenti e abbiamo stentato a crederci. Quante volte è lo sguardo severo del nostro giudice interiore che ci dice che “non siamo abbastanza”. Quante volte ci viene più facile credere a chi ci svaluta e rinforza la nostra idea di non valere e quante volte orientiamo la nostra attenzione verso ciò che conferma l’immagine negativa che abbiamo di noi stessi.
Come fare per uscire da questo circolo vizioso e sentire finalmente di “essere abbastanza”?
Possiamo riuscirci se ci alleniamo ad essere in contatto con sensazioni corporee positive. Possiamo cominciare a riconoscere tutto quello che di buono c’è in noi e a guardarci in modo meno severo, senza giudicare. Così il nostro corpo diventa il mezzo per contattare il piacere e la gioia di vivere e non è più “quella macchina” per raggiungere obiettivi e per piacere ad altri.
Il Metodo Feldenkrais ci aiuta perché ci permette di lavorare sulla consapevolezza corporea e sull’ascolto di tutti quei segnali provenienti dal mondo interiore. Ci permette di portare l’attenzione al respiro, alla qualità del contatto con noi stessi e con gli altri. Le esperienze del corpo diventano qualcosa di tangibile e sono accettate per quello che sono, senza che ci sia nulla da spiegare o da interpretare.
Quando i miei allievi dicono “mi sento alto, lungo”, “mi sento leggera, con i piedi ben appoggiati a terra”, stanno dicendo quello che sentono e non quello che pensano.
Insegno alle persone a guardare il corpo e imparare dal corpo: questo faccio come insegnante Feldenkrais.
Sentire con il corpo e non cercare di capire con la testa: può certamente cominciare così il percorso per arrivare ad accettarsi nonostante limiti, difetti e fallimenti. Questo costituisce una sana e funzionale alternativa all’autosvalutazione, alla mancanza di stima di sé: costruire o ricostruire una buona immagine corporea per riuscire, per ricominciare a sentire il piacere, cioè la presenza di sensazioni positive dentro di noi.
Si può cambiare, si può sconfiggere la paura?
Sì perché tutto è “in processo”, in trasformazione. Nulla è per sempre.
Certo quello che sperimentiamo da bambini è più difficile da cambiare, perché si struttura nel corpo. Il nostro comportamento è frutto di un lungo periodo di apprendimento che comincia “nella pancia” della mamma. Questo può essere un buon motivo per lavorare con il corpo e cominciare soprattutto da quello che va, da quello che sappiamo fare, non dai problemi. Questo può essere un passaggio importante per far nascere e nutrire un atteggiamento amorevole verso noi stessi.
Crescerà la vitalità e l’efficienza del nostro corpo e contemporaneamente aumenterà la stima che abbiamo di noi stessi. Le nostre azioni, i nostri atteggiamenti sono basati sull’immagine che abbiamo di noi stessi. Attraverso la consapevolezza del corpo in movimento si può cambiare “l’immagine di sé” e questo produrrà un cambiamento del nostro comportamento.
Buongiorno, è vero quando sentivo le sensazioni del corpo mi sentivo al sicuro e coi miei limiti stavo bene.
Adesso prendo antidepressivi non sento più niente sono solo nella testa, sono sensibile non riesco a concentrarmi i rumori mi attraversano.
Quando non riesci più a sentire il tuo corpo da dentro a concentrarti sul respiro come si fa?
Giampiero, rispondo solo adesso … sentire il proprio respiro è semplice perché c’è sempre; è sempre con noi e possiamo ascoltarlo calmarlo e osservarlo. Questo, molto spesso, è sufficiente per cambiare stato, per rilassare il nostro essere e per iniziare un lavoro su di sé. Buon ascolto.