Scrivere, narrare quello che accade nel mondo, perché gli episodi più scomodi, quelli che ci costringono a pensare anche se ne faremmo volentieri a meno, non vengano trascurati, minimizzati o del tutto scotomizzati. Uno dei compiti di uno scrittore è forse proprio quello di catturare lo spirito del tempo che attraversiamo, a volte distrattamente e senza consapevolezza.
Scrivere raccontando ciò che accade nel mondo perché ogni cosa altrimenti potrebbe risultare effimera, destinata a perdersi più velocemente.
Per questo motivo voglio presentare il nuovo libro di Raffaele Palmieri, con le parole dello stesso autore:
Tra il 2010 e il 2012 ho scritto un nuovo libro, intitolato ‘La stanza di Hopper’.
In questo secondo romanzo, meno autobiografico del mio romanzo d’esordio, ‘Terzo tempo’ (A. Sacco Editore, Roma 2009), attraverso la rappresentazione del disagio di un ‘eterno ragazzo’ che deve diventare uomo, ho cercato di offrire la mia personale visione del mondo, che voglio condividere.
È un romanzo ‘realista’ ambientato nella Milano contemporanea, dove il protagonista, soprannominato Chiodo, nel tentativo di trovare punti fermi affronta alcune vicende (delusioni sentimentali, la malattia) che lo fanno ricadere nel tunnel della cocaina, allontanandolo dal padre e dal fratello. Con l’aiuto di una donna cercherà una possibile via d’uscita dalla dipendenza.”
È un libro in ‘self publishing’ (con il servizio ‘il miolibro’ della Feltrinelli) ovvero pubblicato dall’autore stesso; l’elemento di novità rispetto all’auto-pubblicazione’ tradizionale è che il romanzo è dotato di codice ISBN, che lo identifica nell‘universo dei libri in commercio, ed è possibile acquistarlo nelle librerie del circuito ‘Feltrinelli’.
ISBN: 2120010311915
Anno pubblicazione: 2013
196 pagine
‘La stanza di Hopper’ può essere acquistato presso le librerie la Feltrinelli; può essere ordinato sul sito www.lafeltrinelli.it oppure su www.limiolibro.it ; è disponibile anche in versione e-book
http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=1031191 è la url del libro, dove si possono sfogliare gratuitamente i primi capitoli.
L’autore ha alle spalle una pluriennale esperienza di “insegnante” di scrittura creativa ai corsi serali presso la Fondazione Humaniter.
Ci racconta Raffaele:
“Mi sono avvicinato all’ambiente dell’Umanitaria dopo quasi vent’anni di permanenza a Milano. Il mio colpevole ritardo è stato però ampiamente ripagato dal calore che ho trovato, la disponibilità e la professionalità di tutti gli attori che gravitano intorno ai corsi serali.
Quando si è chiamati a esprimere un giudizio su un’attività che ci vede coinvolti in prima persona, la retorica è sempre in agguato. Ma questa volta, quando mi è stato chiesto di scrivere un breve articolo sul numero della rivista QuiHumaniter, non ho esitato ad accettare anche per esprimere il mio ringraziamento verso la struttura che mi ha ospitato per quattro anni e mi ha dato la possibilità di coltivare la mia passione e di trasmettere agli altri l’amore per la scrittura creativa e, più in generale, per la narrativa.
Il mio parere su questa esperienza è assolutamente positivo: sul piano umano, per gli aspetti relazionali che ne sono derivati: ho instaurato rapporti di grande cordialità con tutti i corsisti e ho stretto amicizia con alcuni dei partecipanti, che si sono iscritti a diverse edizioni.
Sul piano della scrittura, perché la necessità di insegnare ha imposto a me per primo – che coltivo la passione per la scrittura e ho ultimato il mio secondo romanzo – di razionalizzare e sistematizzare nozioni di tecnica (struttura, personaggio, dialogo ecc. ) per trasmetterle agli altri.
Le lezioni mi hanno consentito di mettere in pratica l’immortale insegnamento di Raymond Carver, al quale in tutta modestia mi ispiro: non posso insegnare nulla agli allievi – l’insegnamento è un’attività riservata ai professori – ma posso condividere con altri, interessati alla narrativa sotto il duplice profilo di scrittori e lettori, quello che ho imparato apprendendo dagli altri (scrittori, meri insegnanti di scrittura creativa conosciuti nei miei seminari da discente, manuali di tecnica narrativa).
Passeggiando sotto lo stupendo portico dell’Umanitaria insieme alla persona che mi ha affiancato nei corsi e al responsabile dei corsi serali della Fondazione Humaniter, spesso abbiamo parlato della percentuale di persone che si iscrivono nuovamente alle sessioni successive di un corso, constatando con un pizzico di orgoglio come il nostro corso di scrittura creativa del mercoledì sera sia uno di quelli con la percentuale più alta di reiscritti.
Credo che sia un elemento di grande soddisfazione, rinnovato dai consigli richiesti dai corsisti, dalle serate trascorse insieme: con un po’ di timore verso coloro che ci chiamano Maestri – termine bellissimo ma al tempo stesso carico di responsabilità per l’impegno che esso richiede per meritarselo.”
Chi conosce Raffaele non si stupirà per questa sua affermazione. Questo timore è giustificato dal fatto che spesso un buon insegnante fornisce solo il contesto per il cambiamento e l’apprendimento.
La natura ha fatto in modo che l’apprendimento primario nell’uomo avvenga in presenza dei genitori. L’allievo impara meglio quando è presente un testimone premuroso e affettuoso che osservi e dia una sensazione si sostegno, se necessario. Per avere il coraggio di sperimentare e di sbagliare il bambino deve sentirsi sicuro, deve sapere che c’è qualcuno che osserva ed è capace di riparare eventuali guai. Un testimone che non è tenuto a dare consigli, capace di resistere alla tentazione di istruire a fare le cose nel modo giusto.
Un testimone che si limita a guardarvi mentre fate degli errori sapendo che avete bisogno di farli per diventare più forti e indipendenti. Un siffatto testimone può indicarvi un’area in cui sperimentare, può darvi un suggerimento, con molto tatto, per aiutarvi a superare un ostacolo e sa accogliere con entusiasmo i vostri tentativi.
La pazienza di dare a qualcuno il tempo di maturare dall’interno è una virtù un po’ dimenticata dal nostro modello di apprendimento accademico.
Eppure, per usare le parole di Paulo Freire, pedagogista e importante teorico dell’educazione,
“L’unica educazione possibile è l’educazione problematizzante che è processo intenzionale in cui educatore ed educando, nel rapporto dialogico, si educano in comunione.
Dal dialogo tra gli uomini, nel mondo e col mondo, ha origine la cultura come costruzione sociale. La Cultura è un atto di creazione che consiste nel dare un nome al mondo, in una concezione della realtà in divenire.”
In questa nuova visione, il maestro insegna e impara e l’alunno impara e insegna, e se entrambi hanno mantenuto la principale caratteristica dell’uomo, cioè la capacità di stupirsi di fronte alle meraviglie della natura e della storia, saranno in grado non solo di interpretare gli avvenimenti, ma anche di produrre dei cambiamenti significativi nella storia. Solo in questo modo l’uomo realizza la propria vocazione di trasformare il mondo. In sintesi ecco il grande messaggio di Freire:
“Nessuno educa nessuno, nessuno si educa da solo, gli uomini si educano insieme, con la mediazione del mondo”.