La prima volta che ho ricevuto una lezione di Feldenkrais, una Integrazione Funzionale, ho capito subito che si trattava di un modo gentile di toccare le persone. Avevo sperimentato su di me la fisioterapia, perché ne avevo avuto bisogno per via della malattia; avevo provato l’osteopatia, la chiropratica … E poi mi piacciono i massaggi e sono sempre felice di provare nuove tecniche: il massaggio con le pietre calde, l’ayurvedico, connettivale, rilassante …
Ho provato anche shiatsu e lo trovo fantastico per sciogliere le tensioni, e poi craniosacrale, così sottile e così efficace.
Ma quella volta era diverso, mi sentivo accolta nel rispetto di quelli che erano i miei limiti di movimento e nello stesso tempo ero invitata ad andare più in là, senza sfide, ma così per curiosità, come se qualcuno mi stesse dicendo: “Prova, io sono qua, ti sostengo”.
Tutto avviene senza le parole, perché spesso anche le parole limitano e sono limitate. È un modo di toccare le persone sensato, nel significato più letterale del termine: con i sensi. Attraverso l’ascolto, da parte delle mani dell’insegnante, di quelle che sono le possibilità di movimento dell’allievo. Ma che è anche ascolto di sé, per poi dosare attraverso il tatto la pressione ed entrare in comunicazione non verbale con l’altro. Si stabilisce un’intesa per sperimentare e imparare uno dall’altro. Dire che questa pratica non è invasiva è una buona definizione, si parla attraverso gli occhi.
Ho ricevuto tante altre lezioni e sono sempre state una sorpresa, mi stupivo persino di essere ancora così stupita!
E questa è anche la sensazione che provano spesso i miei allievi: “Come è possibile che una cosa così dolce possa avere questi effetti!?” Il Feldenkrais è anche questo.
Sono felice di questa mia professione che mi permette di aiutare gli altri e nello stesso tempo di continuare ad imparare. Moshe Feldenkrais diceva dell’Integrazione Funzionale che “è una danza, fra due sistemi nervosi.”